martedì 17 novembre 2009

Tecniche di negoziazione: il caso Debra (completo)

Di seguito sono riportate le informazioni pubbliche per l'aula e quelle riservate a ciascun gruppo coinvolto (Debra, Sauko e i negoziatori). Nella lezione odierna non si è trovato un accordo fra le parti. Quale soluzione suggerite, tenuto conto che sicuramente le due parti hanno in ballo interessi economici, trattandosi di una joint venture? Come giudicate il ruolo interpretato dai Vostri colleghi in aula? Quali errori hanno commesso? Cosa hanno sottovalutato? Hanno tenuto conto di tutte le informazioni "riservate" messe a disposizione dai docenti?
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Informazioni per l’aula

La DebRa SpA è una società italiana di medie dimensioni operante nel settore della microelettronica.
Da qualche mese ha avviato una trattativa coi vertici della Sauko, una società giapponese attiva nel medesimo settore, ma orientata ad un diverso mercato.
L’obiettivo del negoziato è quello di definire un progetto di joint-venture fra le due società al fine di sviluppare sinergie di ricerca che si concretizzino nella creazione di un Laboratorio comune.
Le due società hanno già raggiunto, nella fase della trattativa, vantaggiosi accordi sulle questioni relative ai programmi di ricerca da svolgere e alle fonti di approvvigionamento di apparecchiature, finanziamenti e “cervelli”.
Ora, però, la trattativa si è arenata su una questione logistica.
La DebRa SpA ritiene che il Laboratorio debba essere costituito in Italia, mentre la Sauko in Giappone.


Informazioni per la DebRa SpA
Informazioni esclusive, di cui è a conoscenza Debra SpA


1. La DebRa ha sede in Toscana, a Pisa, dove è presente una buona Università degli Studi. Il Presidente di Debra è il Prof. Farfaglioni, docente di Fisica all’Università di Pisa, ed una delle personalità più in vista della Toscana che ha accettato, qualche anno fa, di presiedere il consiglio di amministrazione di questa giovane e brillante società di microelettronica, in cui l’età media dei dipendenti (la maggior parte laureati) è 36 anni.
2. Il rapporto con Sauko è stato avviato dal direttore della R&S di Debra, il dott. Paolozzi, un Vostro brillante ricercatore, allievo di Farfaglioni, noto negli ambienti internazionali della ricerca, che è entrato in contatto con i giapponesi da qualche anno e che si è fatto promotore dei primi contatti con la multinazionale giapponese. Tra l’altro, i giapponesi lo stimano parecchio. Da lì è nata l’idea di costituire una joint venture paritaria, che si occupasse solo di svolgere ricerca e sviluppo, possibilmente attingendo a fondi comunitari.
3. Il progetto è andato avanti bene fino a questo momento e ne siete fieri. Si è trovata subito un’intesa sui programmi di ricerca da svolgere, si sono definiti i budget relativi all’acquisto delle strutture e all’impiego di risorse umane, con i relativi impegni finanziari. Non avete mai fatto “questione di soldi” e i giapponesi, almeno così vi è sembrato, sono rimasti soddisfatti della Vostra professionalità.
4. Si tratta di collaborare con Sauko nella parte alta della filiera, ovvero nella ricerca e sviluppo, mentre per tutto il resto le due società rimarranno indipendenti, nel senso che opereranno nei rispettivi mercati.
5. Per Voi di DebRa chiudere la trattativa con i giapponesi è un fatto prestigioso, e non soltanto economico. Lo sapete Voi, lo ha intuito pure la controparte che collaborare con Sauko significa “aprirvi molte porte” a livello internazionale. Tutto il mondo degli affari in Italia attende con trepidazione la conclusione di questa vicenda e c’è stata sorpresa alla notizia che la trattativa si è arenata dopo che il progetto era andato avanti brillantemente. Tutti si chiedono: ma che è successo?
6. Siete un’azienda di medie dimensioni che è cresciuta molto negli ultimi anni, operate nella microlettronica, ma in un ambito diverso dalla Sauko. Loro vendono i componenti di microelettronica ad un ampio spettro di aziende (di consumer electronics, di computer, del settore automobilistico), Voi vendete prevalentemente a società operanti nel settore biomedicale. Operate in un business di nicchia che, grazie ai recenti progressi in materia di biotecnologie, sta crescendo rapidamente soprattutto a livello internazionale. Sul piano dell’internazionalizzazione, vi manca ancora qualcosa per fare “il salto dimensionale”, ma siete sulla buona strada. I giapponesi invece hanno fatto delle grandi dimensioni e della diversificazione gli elementi fondanti della loro crescita internazionale.
7. I giapponesi, lo sapete bene, hanno una “testa dura” ed è difficile convincerli quando ritengono di aver ragione. Sono felici di aver collaborato con gli Italiani, ma in cuor loro rimane sempre il convincimento che gli Italiani sono lagnosi e inaffidabili. Anche voi, di Debra, dunque lagnosi e inaffidabili come lo stereotipo dell’Italiano medio?
8. Non vi interessa localizzare il laboratorio in un altro paese, in una sede diversa. Questa scelta l’avete maturata subito, nei giorni in cui avete intuito che la trattativa si stava complicando proprio sulla questione logistica. Siete stati sempre disponibili a venire incontro alle richieste dei Vostri partner, ma questa volta non volete darla vinta ai giapponesi che “rivendicano” il laboratorio a Tokio. A Voi interessa localizzare il Laboratorio in Italia, a Pisa, per diverse ragioni. C’è una questione di prestigio, soprattutto nel territorio e negli ambienti della finanza in Italia. Sarebbe per Voi un bel colpo con conseguente crescita di credibilità a livello internazionale: pensate, si dirà che i giapponesi sono venuti in Italia a fare ricerca con gli Italiani. Inoltre, se il laboratorio arrivasse in Italia, c’è elevata probabilità che DebRa possa chiudere un accordo con un grosso centro di ricerca pubblica, interessato ad entrare in compartecipazione all’investimento. Ne avete parlato ai giapponesi, ma a loro la questione sembra non interessare. C’è infine una questione pratica, non indifferente, poiché il progetto di joint-venture si avvale anche di finanziamenti dell’Unione Europea e la localizzazione in Italia del laboratorio farebbe scattare una premialità finanziaria importante per entrambe le società: in pratica arriverebbero ancora più soldi, con conseguente risparmio sul budget finora definito. Se ne era parlato all’inizio, poi la cosa è caduta. Ultimo risvolto. Avete a cuore, soprattutto il prof. Farfaglioni, il Vostro dott. Paolozzi, l’uomo di punta dell’intero progetto, che Vi ha fatto sapere che ci terrebbe a dirigere Lui il laboratorio di ricerca, qualora fosse localizzato in Italia. E Voi a Paolozzi ci tenete particolarmente, per ciò che finora ha fatto. Dunque Italia innanzitutto.
Qualche giorno fa avete saputo, da fonti riservatissime, che il potentissimo Presidente della multinazionale Sauko, Mr. Motomoto è implicato in una vicenda di presunti finanziamenti illeciti ai partiti e di corruzione dei funzionari pubblici. Si ventilava, da tempo, che l’espansione di Sauko fosse stata un po’ spregiudicata da quando Motomoto ne ha assunto la guida. Il Presidente giapponese ha grande e riconosciuta abilità nel chiudere “accordi” con Università e centri di ricerca a casa sua, perché probabilmente sa bene come superare alcuni ostacoli nel suo Paese. Avendo appreso questa notizia, Voi provate a far finta di nulla, anche perché ci sono tanti manager perbene in Sauko e a Voi interessa stringere un solido rapporto con l’azienda. Ma evidentemente Vi crea qualche fastidio che il potentissimo Presidente di Sauko, il più ostinato a rivendicare la localizzazione del laboratorio in Giappone, “predichi bene e razzoli male”. Sarebbe forse una buona via di uscita il fatto di localizzare il laboratorio in Italia, in modo da evitare ulteriori chiacchiere sul personaggio e sull’azienda. Ci provate?

Informazioni per la Sauko
Informazioni esclusive, di cui è a conoscenza Sauko


1. Siete una multinazionale di grandi dimensioni e diversificata, con decine di rapporti in tutto il mondo, come quello avviato con DebRa. La Vostra sede è Tokio, ma avete filiali in molti Paesi stranieri, tra cui la Francia. Avete stretto rapporti con società in Cina, America del Nord, Sudafrica e diversi Paesi dell’Europa, ma prima di adesso mai con l’Italia. Di DebRa avete apprezzato il dinamismo, il fatto che sono giovani e bravi, ma a tutto c’è un limite. Quelli di DebRa dovrebbero essere “contenti ed onorati” di chiudere un accordo con Sauko ed invece stanno puntando i piedi sulla questione del laboratorio. Roba da matti!
2. Il rapporto con Sauko è stato avviato dal Dott. Paolozzi di DebRa, un loro brillante ricercatore, noto negli ambienti internazionali della ricerca, che è entrato in contatto con Voi giapponesi da qualche anno e che si è fatto promotore dei primi contatti con Sauko. Voi stimate Paolozzi, tant’è che alcuni anni fa gli avete fatto una proposta importante, ovvero di dirigere un laboratorio di ricerca e sviluppo che avevate pensato di costituire proprio in Giappone. Offerta che Paolozzi, per motivi di famiglia, a quell’epoca aveva rifiutato, pur dichiarandovi di essere lusingato per quella offerta. Di Paolozzi avete una gran considerazione; del Presidente di DebRa il prof. Farfaglioni, un professore universitario chiamato a presiedere il consiglio di amministrazione di quella società avete poca considerazione, anche perché, secondo Voi, condiziona molto il dott.Paolozzi, dato che ne è stato allievo. Farfaglioni è uno che tende a ragionare come Professore e ascolta poco.
3. Il progetto è andato avanti bene fino a questo momento, onestamente non ci sono stati ostacoli di rilievo. A Sauko questa idea di collaborare è piaciuta subito, per almeno due motivi. Un primo legato alla credibilità di Paolozzi e alla sua capacità di aver mobilitato un gruppo di giovani brillanti e capaci. Un secondo legato alla opportunità di rinsaldare la propria presenza in Europa, dove la Vostra multinazionale sta crescendo anche nella considerazione che di Sauko hanno diversi uffici dell’Unione Europea. Dopo la Francia dove c’è una filiale operativa, ci sarebbe adesso l’Italia per la ricerca e sviluppo, e la cosa Vi piace. Con Debra si è trovata subito un’intesa sui programmi di ricerca da svolgere, sapendo che ci sono finanziamenti europei per la ricerca da utilizzare, si sono definiti i budget relativi all’acquisto delle strutture e all’impiego di risorse umane, con i relativi impegni finanziari. DebRa non ha mai fatto “questione di soldi”, ma anche Voi siete stati leali fin dal primo momento. Adesso si è bloccato tutto e francamente non lo capite.
4. Avete il sospetto che DebRa voglia giocare a far politica, nel senso che voglia rilanciare su qualcosa. Secondo Voi, c’è lo zampino di Farfaglioni in questa vicenda.
5. In base all’intero progetto, si tratta di collaborare con DebRa nella parte alta della filiera, ovvero nella ricerca e sviluppo, mentre per tutto il resto le due società rimarranno indipendenti, operanti nei loro mercati. Dunque, il fatto che le due società non si faranno concorrenza nei mercati dovrebbe tranquillizzare tutti; invece, la trattativa si è bloccata.
6. Sapete bene che per DebRa chiudere la trattativa con i giapponesi è un fatto prestigioso. Sapete che tutto il mondo degli affari in Italia attende con trepidazione la conclusione di questa vicenda, come se desse per scontato che il laboratorio si debba localizzare in quel Paese. Scusate, ma i giapponesi – Vi chiedete – sono solo di contorno in questa vicenda?
7. La DebRa è un’azienda di medie dimensioni che è cresciuta molto negli ultimi anni, operate nella microlettronica, ma in un ambito diverso dalla Sauko. Voi vendete i componenti di microelettronica ad un ampio spettro di aziende (di consumer electronics, di computer, del settore automobilistico), Loro operano in un business di nicchia, prevalentemente vendendo componenti a società operanti nel settore biomedicale. Il business cresce molto a livello internazionale, ma DebRa non è poi così internazionale, come si pensi. Dunque, per loro, chiudere l’accordo con i giapponesi significherebbe gettare le basi per un bel salto dimensionale. Quelli di DebRa vogliono veramente mandare all’aria il progetto, rinunciando ai possibili benefici di questo accordo? Hanno intenzione di suicidarsi, per una questione di orgoglio nazionale?
8. Gli Italiani sono lagnosi e inaffidabili, fatta eccezione per Paolozzi che tutto sembra fuor che un Italiano. Il prof. Farfaglioni è poi il classico Italiano, che “parla parla” e conclude poco. Per il resto, gli Italiani vogliono internazionalizzarsi a parole, ma poi fanno di tutto per rimanere a casa. E difatti, al nodo cruciale della localizzazione del laboratorio, hanno iniziato a far storie. Il laboratorio lo vogliono in Italia: i soliti Italiani!
9. Per Voi è scontato localizzare il laboratorio in Giappone. Il problema non si pone nemmeno. Voi siete più grandi di DebRa e aVoi dovrebbe spettare l’ultima parola. A Tokio, dove Voi operate, si è realizzato un grosso polo di ricerca che vede coinvolte Università, aziende (tra cui la Vostra) e centri di ricerca ad elevata specializzazione. Il polo è capace di attrarre molte risorse finanziarie anche dal mondo bancario e degli investitori istituzionali. Dunque, basterebbe solo questo per convincere gli Italiani a localizzare il laboratorio in Giappone. Ed invece, loro rivendicano la localizzazione in Italia, lo fanno capire e non capire, e tirano in ballo questioni secondarie, come il fatto che – in base al tipo di finanziamenti europei cui si sta accedendo – localizzare il laboratorio in Italia farebbe scattare delle ulteriori premialità. Lo hanno capito, gli Italiani, che l’eventuale vantaggio economico derivante da una localizzazione in Italia del laboratorio è una cosa infinitesimale rispetto agli enormi vantaggi di una localizzazione del laboratorio in Giappone, da sempre straordinario esempio di grande collaborazione fra aziende, Università e centri di ricerca? Lo hanno capito o fanno i “finti tondi”?
10. Gli Italiani hanno fatto sapere che, se il laboratorio si localizzasse in Italia, potrebbe entrare in compartecipazione un centro di ricerca pubblica. A Voi la questione sembra non interessare, anche perché ritenete, a buona ragione, che metter di mezzo la politica negli affari in Italia è sempre pericoloso! Dunque, Vi siete mostrati “tiepidi” fin dall’inizio. Tra l’altro, avete il sospetto che localizzandosi il laboratorio in Italia, prima o poi il Prof. Farfaglioni si farà avanti per dirigerlo!
11. Non venga in mente agli Italiani di trovare una soluzione all’italiana, cioè un laboratorio da qualche altra parte, pur non di farlo né in Giappone né in Italia. Non se ne parla nemmeno di trovare un compromesso in questa modalità che danneggerebbe tutti e due i partecipanti.
Qualche settimana fa si è verificato un episodio, fastidioso, ma che considerate marginale. Il Vostro potentissimo Presidente della Sauko Mr. Motomoto è stato chiamato dai giudici a proposito di una vicenda di presunti finanziamenti illeciti ai partiti e di corruzione dei funzionari pubblici. Non c’è nessun provvedimento giudiziario al momento, solo le classiche indagini di rito. Ma il Presidente, si sa ovunque, è persona da sempre pulita, invidiata per la sua straordinaria abilità negli affari, e pertanto sempre nell’occhio del ciclone. In tutti i casi giudiziari in cui è stato coinvolto, ne è uscito sempre pulito e senza alcuna condanna! Sospettate che gli Italiani sappiano questa informazione e, pian pianino, faranno di tutto per tirarla in ballo, in modo da portare a loro favore la localizzazione in Italia. Speriamo non si comportino da soliti Italiani, sollevando un polverone per nulla!

Informazioni per il negoziatore
Informazioni riservate e suggerimenti per un utile comportamento di mediazione.

1. Non prendete mai posizioni a favore dell’una o dell’altra controparte. Non siete un giudice, un arbitro a cui spetta la decisione. Siete un facilitatore del negoziato, un mediatore per l’appunto.
2. Il modo in cui vi comportate, il tono della voce, i gesti, le parole utilizzate possono risultare di ausilio o, al contrario, di ostacolo al negoziato. Fatene buon uso!
3. All’inizio cercate di dare, a Vostro piacimento, delle “regole del gioco”. Ad esempio, potrete dire di non fare riferimento a fatti personali, qualora non siano rilevanti per la trattativa in questione. Dite, alle parti, di concentrarsi sull’obiettivo.
4. Provate a riepilogare, ad uno ad uno i punti dell’accordo, e su questi chiedete conferma alle parti. Potreste, dunque, dire che: a) si sta portando avanti un progetto di joint-venture, vero? b) di joint-venture alla pari, in cui la nuova società sarà costituita con apporto pari al 50% per ciascuna delle parti, vero? c) che la società ha una “mission” chiara nel portare avanti uno o più programmi di ricerca, vero? d) che un budget di massima è stato definito, relativamente ai costi delle attrezzature e all’impiego delle risorse umane, vero? e) che anche la questione dei finanziamenti è chiara, vero? Ci sarà apporto di capitale e ricorso a prestiti bancari, ad esempio? Ci sarà qualche contributo dell’Unione Europea, vero?? f) chiedete, a questo punto, perché la questione si è arenata sulla scelta dove localizzare il laboratorio. Come mai? Non era mai stata chiarita all’inizio?
5. Chiedete, a questo punto, a ciascuna delle parti di esporre brevemente le ragioni per cui il laboratorio debba essere localizzato in Italia o in Giappone.
6. Provate a chiedere, alla fine, se i giapponesi sono disposti a cedere all’Italia la possibilità di localizzare nel loro paese il laboratorio; fate la stessa domanda, alla rovescia, agli italiani chiedendo se sono disposti a cedere a beneficio del Giappone.
7. Provate ad esplorare, in modo molto discreto, se la localizzazione del laboratorio in un terzo Paese neutro possa essere gradita ad entrambe le parti. Se non si mettono d’accordo fra Italia e Giappone, forse la scelta di un terzo Paese potrebbe andar bene. Provate, ma se vedete resistenze, vorrà dire che gli interessi in gioco non sono soltanto economici.
8. Forse ci sono interessi psicologici e sociali in campo. Provate a verificare, ma senza porre mai la domanda in modo diretto, se per entrambi la localizzazione nel proprio Paese è una questione di prestigio, oppure di tipo economico.
9. Provate a capire se per il Giappone è una scelta di convenienza o di prestigio. Convenienza economica o prestigio per la qualità della ricerca scientifica svolta in quel Paese? Idem se per l’Italia è una scelta di convenienza per qualche opportunità di finanziamento o prestigio per la possibilità di attirare nuovi soggetti di ricerca nel progetto?
10. Provate a capire in che modo le parti possono venirsi incontro, reciprocamente. Se si dovessero verificare tensioni, provate a chiedere, in modo provocatorio, se è intenzione di ciascuna delle parti “rompere” definitivamente con la controparte e mandare all’aria il rapporto di collaborazione iniziato che si presenta promettente.
11. Se non c’è da nessuna delle parti intenzioni di “rompere l’accordo”, come mai il laboratorio, la scelta dove localizzarlo, sta diventando una questione di vita o di morte?
12. Provate a capire se entrambe le parti sono disposte a rinunciare a qualcosa, pur di portare avanti l’accordo. Fate Voi qualche proposta e vedete come le due parti reagiscono
13. Tirate fuori dal cappello qualche soluzione intelligente, prima che la situazione rischi di degenerare!

20 commenti:

  1. La situazione è parecchio complicata! Il prof ha sottolineato che i conflitti di valore ed ideologici sono più difficili da risolvere rispetto a quelli economici. In questo caso vi è la presenza di entrambi! La questione principale riguarda l' aspetto economico ma c' è da dire che, il Presidente Motomoto, ha parecchi pregiudizi sugli italiani, definendoli LAGNOSI e INAFFIABILI che PARLANO PARLANO. Sicuramente il prof Farfaglioni ha un grande bisogno di consenso in quanto gode di un alto potere! Essendo che le due parti hanno potere relativamente uguale le soluzioni potrebbero essere 3:
    - scendere a compromesso, che porterebbe ad una soluzione in quanto la collaborazione non sta portando alla risoluzione del problema;
    -la mediazione, generalmente usata nelle negoziazioni di lavoro cioé, se entrambe le parti sono d' accordo potrebbe scendere in campo un mediatore in modo da risolvere le divergenze d' opinione, suggerendo e monitorando le interazioni tra le parti senza però imporre la soluzione;
    -infine l' arbitrato che, dopo aver studiato la questione ed il punto di vista di entrambe le parti, prende una decisione che vincolerebbe entrambe.
    Portando un altro esempio sciocco di vita quotidiana come quello dell' arancia che la mamma deve spartire tra le due figlie, questo accade, sicuramente in maniera molto semplificata, il sabato sera tra amici. Il problema principale è: dove andare? Spesso nasce un vero è proprio conflitto, soprattutto in gruppi dove vi sono TESTE DURE. Alla soluzione si ci arriva: o scendendo ad un compromesso cioè oggi andiamo qua domani la oppure facendo decidere una terza persona neutrale.

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  2. -Obiettivo della join-venture = laboratorio per la fase di R&S
    -Le imprese, nonostante operino entrambe nel settore della micro-elettronica, realizzano prodotti che avranno diversa destinazione: i giapponesi si occupano del mercato di consumer electronic, computer, settore automobilistico; mentre gli italiani del mercato delle biotecnologie.

    Una soluzione, potrebbe essere: costruire il laboratorio in Giappone, perché i tempi di realizzazione sarebbero sicuramente minori.
    Il Giappone gode inoltre della presenza di un grosso polo di ricerca, che vede coinvolte Università, aziende e centri di ricerca ad elevata specializzazione. Gli Italiani, così facendo, potrebbero usufruire di attrezzature, know-how, tecnologie e strutture da loro assenti; inoltre essendo il Presidente di Debra, il Prof. Faraglioni, docente di Fisica all’Università di Pisa, potrebbe realizzare, una collaborazione con le Università giapponesi, tramite opportunità di stage, anche nello stesso laboratorio che si verrà a realizzare in Giappone, favorendo in tal modo l’internazionalizzazione e aumentando il prestigio per l’Università di Pisa e il suo status come docente.
    Le due imprese, inoltre operando in mercati diversi, condivideranno solamente alcune delle attività di R&S dal momento che i prodotti finali saranno differenti.
    Il laboratorio in Giappone, quindi potrebbe costituire sede di R&S per operazioni comuni, ponendo a capo il Presidente della Sauko Mr. Motomoto; allo stesso tempo si potrebbe creare in Italia, così come è avvenuto in Francia e negli altri Paesi, un’altra filiale operativa con a capo il Presidente di Debra, il Prof. Farfaglioni.
    Gli italiani potrebbero inoltre creare, utilizzando in parte anche i finanziamenti dell’ UE che verrebbero comunque loro concessi, un laboratorio minore, riservato per operazioni di R&S specializzate, di nicchia, riservandosi quindi il loro mercato, con a capo il brillante ricercatore, molto stimato dalla Sauko, il Dott. Paolozzi di Debra; in tal modo gli italiani riuscirebbero anche ad ottenere quell’ulteriore premialità finanziaria, garantita dall’UE da poter utilizzare per la compartecipazione con quel grosso centro di ricerca pubblica.
    Per quanto riguarda la vicenda giudiziaria di Mr. Motomoto, credo sia irrilevante, poiché assolutamente personale; per cui, qualora risultasse colpevole, verrebbe innanzitutto sostituito e comprometterebbe solamente l’immagine della Sauko, per cui non intaccherebbe né la Debra né il know-how e il lavoro che avviene all’interno del settore R&S Sauko, ciò che è invece obiettivo della join-venture.

    Ilaria L.M.

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  3. Secondo me visto che il rapporto con Sauko è stato avviato dal direttore della R&S di Debra, il dott. Paolozzi, dovrebbe essere la Debra stessa a "sacrificare" qualcosa. Visti soprattutto i molti contatti che la Sauko ha con altri stati, sarebbe più vantaggioso per l'azienda italiana vantare questa joint venture.
    La proposta di Sauko di aprire prima il centro in Giappone e in un secondo momento in Italia, secondo me era abbastanza ragionevole.

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  4. Per me, se il conflitto non riesce a risolversi e la volontà di creare la join-venture rimane inalterata, ci si potrebbe rivolgere ad una terza parte neutrale, ma competente in materia, e che questa, in base a dati oggettivi forniti da entrambe le aziende, scelga, per loro, la collocazione ottimale del centro di ricerca in questione.
    Carmela R.

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  5. Ho analizzato a lungo il "caso Debra" inerente la negoziazione tra le due società, Debra e Sauko, operanti nel settore della microelettronica.
    I fattori fondamentali da tenere in considerazione secondo me sono questi:
    -La Debra è una società giovane al contrario della Sauko che è una società di grandi dimensioni, che opera a livello internazionale e molto matura nell'ambito della microelettronica.
    -Dal punto di vista economico entrambe le società non hanno difficoltà, soprattutto la Sauko la quale non ha mai fatto problemi di tipo finanziario;quindi è irrilevante il ruolo dei finanziamenti dell'UE.
    -Ad entrambe le società non interessa collocare la sede del laboratorio in un Paese neutrale in quanto non è vantaggioso per nessuno.
    Detto ciò la negoziazione più proficua per le due società potrebbe essere questa:
    Il laboratorio di ricerca deve essere situato in Giappone, sfruttando tutti i vantaggi che questo può offrire, in termini di qualità nella ricerca (know how superiore) e di agevolazione istituzionale e burocratica (grazie alle abilità e "conoscenze" di Motomoto).Il direttore del laboratorio sarà il dott. Paolozzi, brillante ricercatore e persona stimata dai giapponesi.
    Gli italiani non possono chiedere di meglio in quanto si stanno aprendo in un mercato internazionale e stanno guadagnando in termini di prestigio e di miglioramento della qualità;con un pò di ingegno e furbizia possono sfruttare queste caratteristiche e competenze per avviare un laboratorio anche in Italia in un secondo momento.
    Voglio concludere dicendo che un manager, nel ruolo di buon negoziatore, deve sempre tener presente qual'è l'obiettivo finale e i limiti della propria società, mettendo da parte caparbietà, bisogno di successo(achievement), tendenza al potere e interessi personali(cosa che non hanno saputo fare i negoziatori della Debra nell'esercitazione in aula).

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  6. Io credo che i giapponesi abbiano interesse ad aprire lo stabilimento in Italia, perchè sarebbe motivo di prestigio per loro espandersi ulteriormente in Europa.
    Mentre per gli italiani può essere vanttaggioso andare in Giappone perchè nonostante la DebRa sia un'impresa giovane si sarebbe già internazionalizzata.

    Inoltre penso che non si sia giunti ad una conclusione perchè i partecipanti non solo sono stati scelti per non cedere a compromessi ma gli è stato pure richiesto dalle "istruzioni".

    Una soluzione può essere che i Giapponesi accettino di stabilire il laboratorio in Italia ma che si rifiutino tutti gli aiuti da parte del settore pubblico, e quindi ogni possibile influenza.

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  7. Secondo me, una possibile soluzione al problema potrebbe essere quella di formare un team virtuale dato che quest'ultimo permette di lavorare in sedi diverse e soprattutto in paesi diversi pur continuando a comunicare, passarsi informazioni ed elaborarle.

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  8. Analizzando le due fazioni da un punto di vista il più possibile razionale (homo economicus), ho prima di tutto cercato di schematizzare concettualmente pro e contro, punti di forza e debolezza di ciascuna proposta. La tesi di una localizzazione in Italia è sostenuta unicamente, a mio avviso, dalla possibilità di ricevere finanziamenti europei la cui entità non nota, è ancor di più sminuita se confrontata con le enormi possibilità finanziarie della Sauko; a ciò si potrebbe aggiungere l’italianità e l’esigenze familiari del prof Paolazzi, a mio credere il vero ago della bilancia nella disputa. Dall’altra parte la Sauko che vanta dal canto suo, oltre la già menzionata stabilità finanziaria e la conoscenza del modus operandi in un mercato internazionale, le abilità dei suoi uomini, le capacità gestionali, che l’hanno portata a saper resistere allo sforzo di precedenti diversificazioni (economie di scopo), e la possibilità fondamentale di poter facilmente “declinare” su delle collaborazioni secondarie di cui sicuramente disporrà giacché avvantaggiata dalla facilità con cui le conoscenze e tecnologie biomediche si diffondono, in un lasso di tempo più o meno ampio, se non adeguatamente protette. A mio modesto parere la Sauko ha da perdere solo la possibilità di sfruttare il sapere e la notorietà del prof Paolazzi che della Sauko ne avrebbe ancor di più elevato il prestigio sul mercato. D’altro canto per la Debra rifiutare una localizzazione in Giappone vorrebbe poter dire lasciarsi sfuggire via l’ultima possibilità di proiezione sul mercato mondiale prima che la Sauko o una qualsiasi altra impresa concorrente accetti di diversificarsi penetrando nella stessa nicchia di mercato usufruendo delle conoscenze di Paolazzi o di un altro esperto. A mio avviso soluzione più che accettabile per la Debra sarebbe una localizzazione in Giappone con trasferimento parziale del team di lavoro italiano sul territorio giapponese, con la promessa solo eventuale di apertura di una sede distaccata in Italia in un successivo momento; ma tale soluzione, sostenuta forse dal mio spirito “patriottico”, fa a pugni con una soluzione razionale che porterebbe la Sauko a mettere alle strette la Debra con una proposta della serie “ tutto o niente”: localizzazione in Giappone o promessa di un’interruzione definitiva delle trattative con la minaccia esplicita di allettare il prof Paolazzi, nonostante le sue motivazioni familiari, e il suo team con un’offerta che “non potranno rifiutare”. La conclusione che la mia razionalità più o meno limitata mi ha portato a formulare, configurerebbe il fenomeno problematico della cosiddetta “fuga dei cervelli” spiegata dalla mancanza di strutture, certezze e prospettive che l’Italia attualmente non è capace di soddisfare.
    L’unico elemento che posso criticare al sig. Moto Moto è di non aver fatto capire già dall’inizio che la Sauko era l’unica delle due società ad aver il coltello dalla parte del manico, e al sig. Farfaglioni di dover scendere a compromesso dopo le legittime richieste esose iniziali.

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  9. La Sauko ha il coltello dalla parte del manico in quanto si trova già in una buona posizione concorrenziale a livello internazionale: caratteristica che la Debra non possiede ma che ha tutti i presupposti per poterla sfruttare, dato che si trova in un mercato altamente espansivo, come una sorta di “gancio da traino”. D’altra parte la Debra, di così esclusivo, ha solamente la competenza del suo unico ricercatore Paolozzi; troppo poco, secondo me, per arrivare addirittura a chiedere ai giapponesi di stabilire i laboratori in Italia. La questione si potrebbe risolvere installando, dapprima i laboratori in tutti e due i Paesi sfruttando una collaborazione di team virtuali, e poi successivamente trasferirsi o in Giappone in modo da sfruttare già i canali consolidati della Sauko oppure trasferirsi in Italia per sfruttare i mercati italiani in espansione, dato che la Sauko aveva già intenzione di acquistare quote di mercato in Italia.

    FRANCESCO

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  10. Obiettivo comune alle due società è quello di creare una joint venture.
    Ma secondo la mia analisi del caso, da questo comune obiettivo le due parti vogliono raggiungere diversi vantaggi, la Debra mi sembra voglia più che altro usufruire dei vantaggi economici della UE cosa di cui usufruirebbe maggiormente se il laboratorio si ubicasse in italia, ma che comunque NON sarebbero assenti se questo si ubicasse in giappone, e sempre dalla mia analisi la sauko sembra ne faccia più una questione di prestigio che economica...
    secondo me quindi l'idea è che il laboratorio di R&C venga costruito in giappone in modo che questi possano vantare del loro prestigio e che l'impresa italiana possa usufruire dei fondi dell'UE che vengono comunque elargiti poichè l'azienda coopera cn una società estera.

    GIUSI C

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  11. Guagliardo Antonella

    Analizzando il problema che il professore ci ha proposto in aula sono giunta ad una conclusione:
    A mio malincuore, visto il mio forte patriottismo nei confronti degli italiani, ammetto che il laboratorio di R&S dovrebbe dislocarsi in Giappone, almeno nella fase di start-up. Grazie al polo di ricerca e superiorità tecnologiche è evidente la superiorità dei giapponesi rispetto agli italiani.

    La Sauko essendo già un’azienda riconosciuta, che si basa su una politica di diversificazione (quindi riduce il rischio dell’insuccesso), è un valido aiuto che permette alla DebRa di saldare delle basi più solide e di consentire un salto di qualità dell’azienda. Ma se è vero che il signor Motomoto vuole rinsaldare la propria presenza in Europa è importante insistere nel cercare una base comune.
    La mia idea è di fondere le aziende in un’unica società ma che si interfacci comunque su target diversi. Così da un lato i giapponesi sono contenti poiché hanno il loro laboratorio a Tokyo e con l’aiuto di Paolozzi avere a disposizione il gruppo di giovani brillanti e capaci di cui lui ha bisogno. Per l’Italia l’avere come alleata un’azienda tanto potente e presente in modo pregnante in diversi paesi del mondo, riuscirà ad essere semplicissimo da parte della DebRa trovare quote di mercato alle quali vendere il proprio prodotto. Grazie alla credibilità, all’affidabilità della Sauko che le permetterà in questo modo di abbattere enormi costi in pubblicità assicurando un vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti che avranno difficoltà ad entrare nel settore (e chissà…potrebbe anche raggiungere un forte monopolio!) .
    La filiale in Italia come in Francia verrà realizzata in un secondo momento con a capo Paolozzi che come ha affermato precedentemente non era disposto a dirigere il laboratorio in Giappone per motivi famigliari, anche se lusingato. In questo modo la DebRa riceverà i fonti europei per realizzare nuove tecnologie, attuare una nuova politica di diversificazione che permetta all’azienda di rilanciare un nuovo prodotto sul mercato durante la fase di saturazione del settore biomedicale.
    Per quanto riguarda la quota in denaro della premialità finanziaria da parte dell’UE che otterrà la DebRa, essa sarà messa a riserva volontaria nel bilancio per sopperire ad eventuali perdite o crisi delle aziende che in questo modo si ritroveranno ad avere un capitale “paracadute” sul quale poter contare.

    Considerazione sui partecipanti:

    Mi è piaciuto il ruolo di Motomoto perché ha sempre mantenuto la calma e non si è fatto impressionare dal modo teatrale di Farfaglioni. Allo stesso tempo mi è piaciuto la determinazione di quest’ultimo che sa sicuramente il fatto suo, anche se a volte si notava che volesse arrampicarsi sugli specchi.
    Le ragazze sono state brave a mantenere la situazione sotto controllo quando avvenivano sconti più aggressivi da parte di Motomoto e Farfaglioni.

    I negoziatori sono stati troppo poco presenti e legati al copione che gli era stato affidato e non sono riusciti a mettere d’accordo le controparti perché non hanno capito cosa veramente volesse una e cosa aveva bisogno l’altra. Ve lo dico io: la Sauko desiderava la “sovranità” invece alla DebRa le serviva la sicurezza! (come nell’esempio dell’arancia quando la mamma ha dato la buccia ad una figlia e il succo all’altra perché aveva capito che avevo bisogni diversi, e fece contente entrambi)

    Errori commessi:
    I ragazzi hanno trascurato la premialità messa a loro disposizione che era la base per un vantaggio reciproco.

    Concludo dicendo che i migliori negoziatori devono affrontare le trattative con flessibilità ed elasticità mentale. Devono riuscire a far diventare il circolo vizioso in armonioso, ridisegnando gli interessi e le posizioni dell’una e dell’altra parte.
    Devono possedere ciò che François Callières (1645-1717), un commentatore delle diciottesimo secolo, definisce “ L’arte suprema di farsi offrire in regalo dalla controparte ciò che si è architettato e voluto da tempo”.

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  12. Il caso affrontato a lezione mi è sembrato abbastanza complesso, nessuna delle due società voleva mollare la corda.
    Dopo aver lettole le informzioni riservate ai gruppi ho capito qualcosa in più.
    Ho capito che la Sauko è più interessata a collaboare con il singolo dott.Paolozzi che con la Debra, di cui invece ha poca stima. Sembra quasi che la decisione della Sauko di collaborare con la Debra sia motivata solo dalla presenza deel dott.Paolozzi, infatti già precedentemente gli aveva fatto una proposta di lavoro, che poi lui aveve rifiutato per motivi familiari.In secondo luogo, ho capito che da tale accordo la Debra sarebbe quella a trarre maggiore vantaggio, per cui gli converrebbe essere più elastica e accettare la proposta della Sauko di posizionare il laboratorio in un primo momento in Giappone e successivamente in Italia, in tal caso infatti il prestigio ricercato dalla Debra non verrebbe perso ma solo spostato nel tempo; se invece non accettasse tale proposta rishierebbe di far saltare l'accordo e poi potrebbe rischiare che la Sauko proponga nuovamente al Dott. Paolozi di lavore con loro come già fatto precedentemente, e qualora accettasse infliggere una doppia pena alla Debra.

    Cristina Fazio

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  13. Prendendo spunto dall'esempio riportato in aula dal docente, ovvero dell'arancia contesa tra le sorelle, è importante rilevare quali sono gli obiettivi che le due aziende intendono ottenere più di ogni altra cosa, con l'intento di riuscire a farli coesistere senza scontentare nessuno.
    Detto ciò, apparentemente gli obiettivi della DebRa riguardano:
    - il prestigio ottenuto dalla joint venture nel caso in cui il laboratorio si ubicasse nel territorio italiano, una crescita di credibilità a livello internazionale.
    - gli apporti concessi dall’Unione Europea.
    - l'eventuale accordo che si creerebbe con un grosso centro di ricerca pubblica, da non sottovalutare secondo me.
    Per quanto riguarda l'azienda giapponese, gli aspetti chiave sono:
    - la presenza all'interno della DebRa del Dott. Paolozzi, una persona molto stimata e capace di tirar fuori il meglio da un gruppo di giovani brillanti e capaci.
    - l'opportunità di rinsaldare la propria presenza in Europa, iniziata con la filiale operativa in Francia.

    A questo punto bisognerebbe filtrare gli aspetti positivi che accomunano le due aziende, eliminando gli interessi economici e politici tirati in ballo.

    La DebRa, dotata di un gruppo di giovani e capaci laureati, ha la "necessità" di collaborare con un'impresa più esperiente che possa permetterle di fare quel salto di conoscibilità che va ricercando e non può giocarsi questa opportunità per ottenere finanziamenti e prestigio nell'ambito nazionale.
    A mio avviso dovrebbe sfruttare le conoscenze possedute dall'azienda giapponese per poter lanciare le basi per un futuro solido e innovativo.
    Inoltre a Tokio, sede della Sauko, si è realizzato un grosso polo di ricerca che vede coinvolte Università, aziende e centri di ricerca ad elevata specializzazione. Il polo è capace di attrarre molte risorse finanziarie anche dal mondo bancario e degli investitori istituzionali, in modo da accontentare un pò tutti.
    Quindi il motto della DebRa dovrebbe essere "dare tempo al tempo".
    Accettare la proposta della Sauko di localizzare il laboratorio di ricerca e sviluppo in territorio giapponese ma a patto che dopo un arco di tempo concordato tra le parti si potrà costruire un secondo laboratorio di ricerca in Italia, diretto dal Dott. Paolozzi, grazie ai fondi ottenuti inizialmente dagli investitori giapponesi.
    Se questa clausola non fosse rispettata allora la Sauko sarà costretta a pagare una quota pari alla metà dei guadagni finora ottenuti dalla joint venture.
    Inoltre, la composizione del personale sarà per il 60% italiano e il restante giapponese e dovranno tenersi dei corsi specializzanti per il personale italiano data la ignoranza in alcune materie della microelettronica.
    Il dott. Paolozzi non dirigerà il laboratorio in Giappone ma sarà una figura di rilievo all’interno del gruppo motivando e dando preziosi consigli non solo al personale italiano ma anche quello giapponese.

    Gli errori che hanno commesso i due presidenti, a mio parere, sono di non aver saputo rispettare ruoli e interessi:
    - il sig. Motomoto non ha nulla da perdere se la joint venture non si creasse con la DebRa e potrebbe benissimo cercare accordi con altre società europee; l’unica pecca sarebbe la perdita di Paolozzi che in ogni caso potrebbe essere preso a parte per lavorare in un secondo momento a favore della Sauko.
    - il Prof. Faraglioni pretende troppo sottovalutando il prestigio dell’azienda giapponese e l’opportunità di lavorare con loro.

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  14. Dopo la lezione io e i miei colleghi ci siamo fermati a riprendere la discussione in modo più informale e da li è nato un accordo.
    Noi mediatori abbiamo chiesto nuovamente alle parti cosa sarebbero state disposte a perdere in un'eventuale costruzione del centro di ricerca fuori dal proprio paese.
    Il principale problema della Sauko pareva essere la presenza di fondi pubblici, inoltre la presidenza data ad un italiano (Paolozzi) combinata alla localizzazione del laboratorio in Italia era vista come una presa di potere che nel tempo sarebbe degenerata.
    Abbiamo fatto presente che le carte in tavola si potevano ancora cambiare anche rispetto alla presidenza, e la DebRa sembrava abbastanza d’accordo nel cederla ad un rappresentante giapponese pur di raggiungere il suo scopo, inoltre ha aggiunto anche altre offerte che hanno ammorbidito la controparte.
    La decisione finale è stata quella di localizzare il laboratorio in Italia ad alcune precise condizioni:
    1 Che la presidenza spetti a Motomoto con la vicepresidenza di Paolozzi (al fine di arginare il potere degli italiani e di creare sinergie tramite la collaborazione degli esponenti più competenti delle due diverse culture).
    2 Che il personale si componga per il 70PC da giapponesi e dal 30PC da universitari specializzati italiani (per il trasferimento di know how e per garantire la professionalità e la qualità del lavoro svolto).
    3 Che i dipendenti giapponesi trasferiti possano usufruire di casa, macchina e baby sitter a spese dell’azienda (per motivare i lavoratori e incentivare il trasferimento nel nuovo paese).
    4 Che il centro estenda il ramo di ricerca a tutti i prodotti trattati dalla Sauko e non solo quelli di interesse dalla DebRa.
    5 Che la Joint-venture si avvalga dei finanziamenti dell’unione europea ma che la DebRa annulli la trattativa con il centro di ricerche pubblico.
    6 Che i costi di gestione ricadano UNICAMENTE sulla società italiana.
    Sull’ultimo punto, noi negoziatori eravamo un po’ perplessi, abbiamo chiesto alla DebRa se fosse effettivamente in grado di coprire tutti i costi di gestione da sola ma ci è stato assicurato che i fondi europei avrebbero coperto le spese e la Sauko era d’accordo quindi la trattativa si è conclusa.
    Leggendo anche tutte le altre informazioni messe a disposizione mi sono accorta che i punti focali sono stati aggirati. Le due società si sono concentrate principalmente sulla questione economica ma si intuisce che non era quello il reale problema.
    Lo stile di reazione più appropriato ad un conflitto del genere sarebbe stato quello collaborativo, dati gli enormi benefici che l’accordo avrebbe portato ad entrambi, ed una discussione incentrata sull’obiettivo e sulle modalità di raggiungimento guidata da mediatori.
    In effetti si è verificato uno stile oscillante tra la competizione ed il compromesso, e questo a mio parere perche l’oggetto del conflitto non aveva carattere concreto, ormai era una questione di principio aggravata da grandi interessi in gioco ed una percezione non equa del compromesso.
    A questo punto i giapponesi hanno ceduto agli italiani il privilegio di costruire il centro nel proprio paese, avanzando pretese economiche altissime per compensare la perdita subita, pretese che non hanno trovato obiezioni dalla DebRa, essa ha percepito la risoluzione del conflitto a suo favore come una “vittoria contro la Sauko”.

    Marilena Mascali

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  15. Secondo me la Debra aveva fatto la migliore proposta ovvero quella di formare un team virtuale. Dico questo per diversi motivi:
    1) sarebbe un‘esperienza nuova per entrambe le società
    2) permette di lavorare in paesi diversi eliminando cosi il problema della lingua
    3) sarebbe un sistema molto all'avanguardia
    4) il dott. Paolozzi potrebbe coordinare il tutto in maniera più veloce
    5) ci sarebbe tra i due team una collaborazione/competizione che andrà a migliorare notevolmente l'innovazione

    Antonio N.

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  16. maria t:

    per Debra realizzare il laboratorio in Italia è soprattutto una questione di prestigio, specialmente per il dott. Farfaglioni. Il Giappone invece permetterebbe di usufruire di economie notevoli. Inoltre, sebbene il dott. Motomoto sia diffidente nei confronti dell’Italia, ha proposto di iniziare con un laboratorio in Giappone e poi trasferire tutto in Italia. Più che una proposta ragionevole, la sua mi sembra una resa, considerando che proprio lui ha un maggiore potere contrattuale. Forse si è sentito minacciato quando Farfaglioni ha tirato in ballo la questione giudiziaria. Dal canto suo, Farfaglioni ha rischiato di mandare a monte la trattativa, cosa che avrebbe comportato un danno enorme sia per lui sia per la Debra, ma alla fine ha ottenuto, di fatto, la vittoria. A questo punto dovrebbe accettare l’offerta di Motomoto, con Paolozzi a dirigere e con una parte del team italiano, prima in Giappone e poi in Italia.
    Motomoto ha perso credibilità ai miei occhi con i luoghi comuni sugli italiani, Farfaglioni durante la discussione in aula mi aveva convinta, se avessi dovuto scegliere sul momento avrei dato ragione a lui.

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  17. Da ciò che ho potuto apprendere dalla discussione in aula, il presidente Giapponese è contrario a installare un laboratorio in Italia più per una questione di principio, che economica. La grande Sauko che scende a compromessi con la piccola Debra. Difficilmente in questi casi si arriva ad una soluzione,come spiegato nello schema riportato anche nel libro. Evidentemento però,chi più ha da perdere è Farfaglioni,il presidente della Debra. Non portare a termine l'accordo con i giapponesi significherebbe aver fallito nel progetto di internazionalizzazione. Sarebbe il caso quindi di fare la seguente proposta a MotoMoto: il centro di ricerca si farà in Giappone con il 65% di dipendenti Italiani per i primi 5 anni e con presidente Paolozzi. Contemporaneamente la Sauko si impegnerà a finanziare un centro di ricerca semi-autonomo in Italia diretto da Farfaglioni. Alla scadenza dei 5 anni i dipendenti Italiani torneranno in Italia per lavorare nel centro di Farfaglioni e della Debra,Paolozzi resterà presidente del centro comune in Giappone e i neo laureati Italiani andranno a sostituire per il 40% i loro precedessori per altri 5 anni.
    Salvo Litrico

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  18. Il mio pensiero è questo: la Debra non può cedere solo perchè più piccola di dimensioni e giovane rispetto al colosso giapponese, gli italiani hanno tutte le ragioni per impuntarsi, ricordiamoci che si tratta di una joint-venture alla pari.
    Il centro deve farsi in Italia per tre motivi:
    1)non si è mai vista un'impresa che rifiuta dei finanziamenti perchè non ha "problemi di soldi", come è stato più volte ripetuto in aula. Inoltre i finanziamenti dell'UE non sono solo un sussidio economico, ma anche un riconoscimento della rilevanza del progetto;
    2)la Sauko basa il suo potere sull'internazionalizzazione, vuole rinsaldare la propria presenza in Europa dove sta crescendo nella considerazione che di essa hanno diversi uffici dell'UE. Dopo la Francia,dove c'è la filiale operativa,ci sarebbe l'Italia per la ricerca e sviluppo,i giapponesi non possono farsi sfuggire questa opportunità;
    3)la Sauko stima il dott. Paolozzi, lo vuole come presidente del nuovo centro ma non tiene conto che questi non è disposto a spostarsi in Giappone per motivi familiari.
    Inoltre, vorrei ricordare che il centro che si deve fare è uno,non avrebbe senso farne uno in Giappone e un successivo in Italia, significherebbe raddoppiare strutture, attrezzature e fondi;non mi sembra una soluzione!
    L'unico centro da fare è quello in Italia, con Paolozzi alla guida e un 50% di ricercatori giapponesi che apportano il loro famigerato know-how.

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  19. Prima di parlare di risoluzione si dovrebbe cercare di diagnosticare il conflitto sorto tra le due società,e visto che il gioco negoziale può essere a somma positiva evitare che salti un accordo è importante.
    Per questo il ruolo più importante, vista la situazione creatasi, è quello del negoziatore.
    Il negoziatore diventa ARBITRO prende la decisione valutando che una situazione intermedia può portare vantaggi ad entrambi. Quindi l' ARBITRO che al contrario dei Presidenti delle società valuta la situazione oggettivamente e non considera gli aspetti personali,sceglie come location un paese europeo dove ha sede una filiare operativa giapponese, in FRANCIA.
    Situauta vicino all' Italia e possibile ottenere finanziamenti diretti dall' UE e indiretti tramite banche giapponesi visto che la proprietà della filiare è la Sauku.
    Sergio Piscione

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  20. A mio avviso la contesa potrebbe trovare soluzione attraverso una sorta di 'resa' da parte dell'azienda italiana Debra. Con ciò intendo dire che effettuare la sede in Giappone risulterebbe più vantaggioso,dal momento che la Sauko è un'azienda di gran lunga più radicata ed economicamente più forte,possedendo maggior potere di mercato,maggiore know-how, oltre ad essere più grande dimensionalmente e con un nome più potente. La Debra ha già ottenuto la sua conroparte attraverso la nomina a direttore di Paolozzi,suo uomo di fiducia,che quindi potrà dirigere la nuova sede,magari imponendo di poter usufruire dell'ausilio dei suoi più stretti collaboratori, ovviamente italiani. I finanziamente europei, utilizzati come punto di forza dalla Debra, non sono sufficenti a mio avviso per giustificare una eventuale costruzione in Italia, visto e considerato che le disponibilità economiche delle due imprese risultano già sufficenti. Tuttavia tali finanziamenti potrebbero essere utilizzati per sviluppare in un secondo momento un centro succursale in Italia, che potrebbe servirsi delle risorse tecniche e umane fornite dall'Università Italiana.

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